Trekking
Trekking nei luoghi più impervi ed ameni del nostro territorio.
Il trekking come fenomeno sociologico
Il viaggiatore più veloce è colui che va a piedi. (Henry David Thoreau)
Nel panorama delle attività ricreative contemporanee, il trekking non rappresenta soltanto una modalità di esplorazione della natura o un esercizio fisico, ma si configura sempre più come un fenomeno sociologico rilevante. L’aumento esponenziale di persone che si dedicano al camminare in ambienti naturali, dai sentieri di montagna alle vie storiche, ci spinge a interrogarci su cosa questa pratica dica della nostra società, dei suoi bisogni, dei suoi valori e delle sue trasformazioni.
1. Ritorno alla lentezza: un atto controculturale
In una società segnata dalla velocità, dall’efficienza e dall’iperconnessione, il trekking assume una funzione quasi controculturale. Camminare per ore o giorni, senza scopi produttivi immediati, rappresenta un gesto di rallentamento, di disconnessione volontaria. Questo ritorno alla lentezza, al contatto diretto con il corpo e l’ambiente, è una risposta al sovraccarico informativo e alla frammentazione dell’esperienza quotidiana. È un bisogno crescente di presenza e autenticità che si esprime nel ritmo lento del passo.
2. La ricerca di senso e spiritualità laica
Per molti, il trekking non è solo sport, ma diventa una forma di esperienza esistenziale. Camminare per lunghi tragitti, come nel caso del Cammino di Santiago o della Via Francigena, assume i tratti di un moderno pellegrinaggio laico. Si cerca un senso, una riconnessione con sé stessi, in un mondo che spesso appare privo di riferimenti stabili. Il cammino diventa uno spazio di riflessione interiore, dove il paesaggio esterno si intreccia con il paesaggio dell’anima.
3. Comunità temporanee e nuove forme di socialità
Il trekking genera forme specifiche di comunità effimere: si cammina insieme a sconosciuti, si condividono fatiche, emozioni, obiettivi. La relazione si basa su un linguaggio corporeo, essenziale, spesso non verbale, che crea un senso di solidarietà e appartenenza. In un’epoca in cui i legami sociali sono sempre più mediatizzati e virtuali, il trekking rappresenta un ritorno al legame immediato, fondato sulla condivisione di spazi e tempi reali.
4. Ecologia, identità e riscoperta del territorio
Il trekking è anche un’espressione di un mutato rapporto con la natura. L’ecologia non è più solo una questione politica o ideologica, ma diventa un vissuto quotidiano. Il camminatore moderno è spesso attento all’ambiente, rispetta i luoghi attraversati, li osserva con rispetto. In questo senso, il trekking è una forma di educazione ecologica attiva. Inoltre, ha un ruolo nella riscoperta delle aree interne e marginali, favorendo processi di valorizzazione culturale e identitaria.
5. Consumo e mercificazione dell’esperienza
Tuttavia, anche il trekking non è immune dai processi di mercificazione. Le esperienze naturalistiche sono sempre più pacchettizzate, vendute come prodotti emozionali. Sentieri, cammini, rifugi diventano elementi di un’economia dell’esperienza, dove il contatto con la natura rischia di essere trasformato in uno spettacolo turistico. Questo impone una riflessione critica: il trekking è libertà o è l’ennesima forma di consumo?
Considerazioni finali
Analizzare il trekking da un punto di vista sociologico ci consente di leggerlo non solo come attività fisica o svago, ma come specchio delle tensioni e delle aspirazioni della società contemporanea. È al tempo stesso fuga e ritorno, consumo e autenticità, solitudine e comunità. Camminare, oggi, è un gesto semplice che parla di questioni complesse: dal bisogno di senso alla sostenibilità, dal rapporto con il corpo alla costruzione dell’identità. Il trekking, in definitiva, è una metafora potente del nostro tempo.
© Franco Faggiano | EPS (Esperto Progettazione Sociale) socio dell’ASI (Associazione Sociologi Italiani) | Blog di divulgazione scientifica: retisocialienetworking.blogspot.com
Approfondimenti
1. Ritorno alla lentezza: un atto controculturale
In una società segnata dalla velocità, dall’efficienza e dall’iperconnessione, il trekking assume una funzione quasi controculturale. Camminare per ore o giorni, senza scopi produttivi immediati, rappresenta un gesto di rallentamento, di disconnessione volontaria. Questo ritorno alla lentezza, al contatto diretto con il corpo e l’ambiente, è una risposta al sovraccarico informativo e alla frammentazione dell’esperienza quotidiana. È un bisogno crescente di presenza e autenticità che si esprime nel ritmo lento del passo.
2. La ricerca di senso e spiritualità laica
Per molti, il trekking non è solo sport, ma diventa una forma di esperienza esistenziale. Camminare per lunghi tragitti, come nel caso del Cammino di Santiago o della Via Francigena, assume i tratti di un moderno pellegrinaggio laico. Si cerca un senso, una riconnessione con sé stessi, in un mondo che spesso appare privo di riferimenti stabili. Il cammino diventa uno spazio di riflessione interiore, dove il paesaggio esterno si intreccia con il paesaggio dell’anima.
3. Comunità temporanee e nuove forme di socialità
Il trekking genera forme specifiche di comunità effimere: si cammina insieme a sconosciuti, si condividono fatiche, emozioni, obiettivi. La relazione si basa su un linguaggio corporeo, essenziale, spesso non verbale, che crea un senso di solidarietà e appartenenza. In un’epoca in cui i legami sociali sono sempre più mediatizzati e virtuali, il trekking rappresenta un ritorno al legame immediato, fondato sulla condivisione di spazi e tempi reali.
4. Ecologia, identità e riscoperta del territorio
Il trekking è anche un’espressione di un mutato rapporto con la natura. L’ecologia non è più solo una questione politica o ideologica, ma diventa un vissuto quotidiano. Il camminatore moderno è spesso attento all’ambiente, rispetta i luoghi attraversati, li osserva con rispetto. In questo senso, il trekking è una forma di educazione ecologica attiva. Inoltre, ha un ruolo nella riscoperta delle aree interne e marginali, favorendo processi di valorizzazione culturale e identitaria.
5. Consumo e mercificazione dell’esperienza
Tuttavia, anche il trekking non è immune dai processi di mercificazione. Le esperienze naturalistiche sono sempre più pacchettizzate, vendute come prodotti emozionali. Sentieri, cammini, rifugi diventano elementi di un’economia dell’esperienza, dove il contatto con la natura rischia di essere trasformato in uno spettacolo turistico. Questo impone una riflessione critica: il trekking è libertà o è l’ennesima forma di consumo?
Considerazioni finali
Analizzare il trekking da un punto di vista sociologico ci consente di leggerlo non solo come attività fisica o svago, ma come specchio delle tensioni e delle aspirazioni della società contemporanea. È al tempo stesso fuga e ritorno, consumo e autenticità, solitudine e comunità. Camminare, oggi, è un gesto semplice che parla di questioni complesse: dal bisogno di senso alla sostenibilità, dal rapporto con il corpo alla costruzione dell’identità. Il trekking, in definitiva, è una metafora potente del nostro tempo.
© Franco Faggiano | EPS (Esperto Progettazione Sociale) socio dell’ASI (Associazione Sociologi Italiani) | Blog di divulgazione scientifica: retisocialienetworking.blogspot.com
Approfondimenti
- articolo "Il Cammino di Santiago di Compostela: una prospettiva sociologica" (pubblicato su Sociologia On Web e Alessandria Today)
- articolo "Il trekking come fenomeno sociologico" (pubblicato su Pagina Tre)